Plastica per laparocele
Il laparocele, o ernia incisionale, è una particolare forma di ernia causata dal cedimento degli strati interni della parete addominale ricostruiti dopo un’incisione da intervento chirurgico.
La parete addominale è paragonabile a quella di una scatola, al cui interno sono presenti e contenuti i visceri. Il Paziente affetto da laparocele avrà un “buco” in questo contenitore attraverso il quale il contenuto dell’addome (visceri o più semplicemente grasso) tenderà a uscire. La particolarità del laparocele viene proprio dal fatto che questo “buco” si trova in corrispondenza della cicatrice di un precedente intervento che, per motivi di guarigione non ottimale, non si è adeguatamente saldata.
Il laparocele è una patologia benigna a decorso ingravescente, vale a dire che, lasciato a se stesso, il laparocele tende a ingrandirsi e a peggiorare clinicamente, rendendo progressivamente più gravi i sintomi e più complessa la sua riparazione.
L’indicazione all’intervento chirurgico del laparocele si propone sulla base di due tipi di situazioni.
- L’interferenza negativa con la qualità della vita dei Pazienti che possono lamentare sintomi dolorosi anche invalidanti e un senso di ingombro spesso proporzionale alle dimensioni del laparocele. La presenza di un difetto nella muscolatura della parete addominale può interferire con le normali funzioni cui essa è preposta (contenimento dei visceri, contributo alla respirazione a riposo, movimenti del tronco). In ultimo, ma non trascurabile, il laparocele può creare problemi che interessano la sfera dell’immagine corporea: una cicatrice di aspetto spesso patologico, la tumefazione che il laparocele determina e la possibilità dei problemi cutanei associati sono problematiche spesso lamentate in questi quadri clinici.
- Il laparocele, come qualunque difetto erniario, può andare incontro a complicazioni improvvise e gravi che obbligano all’intervento chirurgico urgente per la loro correzione. Il laparocele può diventare irriducibile, cioè non è più possibile “farlo rientrare” in addome, a causa dell’impossibilità alla progressione del contenuto dei visceri in esso erniati. In questo caso si può configurare il quadro dell’occlusione intestinale in cui l’intervento sarà mirato prima di tutto a sbloccare il tubo digerente ostruito nel laparocele. Se i visceri impegnati nel laparocele oltre a essere bloccati subiscono anche una torsione o uno schiacciamento dei vasi che ne nutrono la parete, si configura la situazione di laparocele strozzato. In questo caso è necessario un intervento tempestivo per evitare che l’ischemia (= riduzione del flusso sanguigno) dei visceri “strozzati” ne provochi la perforazione con conseguente peritonite.
L’alternativa non chirurgica al trattamento del laparocele è il sistema di contenzione elastica (fascia elastica). Questo tipo di presidio, spesso mal tollerato dal Paziente, non è in grado di risolvere il disturbo, ma ne rallenta la progressione; diventa quindi consigliabile solo in quei casi in cui gravissime condizioni cliniche precludano qualunque atto chirurgico.
La correzione chirurgica del laparocele prevede diverse opzioni per il Chirurgo riguardo la tecnica, la via di accesso e il tipo di materiale impiegato. È compito dell’operatore decidere quale sia la migliore per il Paziente dal punto di vista dell’efficacia della riparazione, della sua stabilità nel tempo e dei risultati funzionali attesi.
Sono identificabili due momenti importanti:
- la riduzione del contenuto erniato – in questa fase il Chirurgo eseguirà manovre mirate a fare rientrare nella sua sede il grasso o i visceri impegnati nel difetto; per raggiungere lo scopo, potrà essere di volta in volta necessaria la semplice manipolazione oppure l’asportazione (resezione) del contenuto erniario o di parte di esso; questa ovviamente assume carattere di maggiore rilevanza quando la resezione prevede l’asportazione di tratti intestinali e la conseguente necessità di ricostituirne l’integrità; in queste fasi viene spesso eseguita la lisi, o sezione di aderenze, che può essere anche molto estesa e ha finalità di correggere sintomi di transito difficoltoso, spesso associati alla presenza del laparocele;
- la riparazione del difetto – avviene di regola con l’impiego di protesi (reti), scelte dal Chirurgo in base a fattori tecnici e alle caratteristiche del Paziente e del suo laparocele; possono essere: non riassorbibili (es: polipropilene, poliestere, ePTFE), semi-riassorbibili (combinazione di materiale non riassorbibile e materiale sintetico che si dissolve col tempo) o totalmente riassorbibili (biologico o sintetico).
La protesi, di qualunque materiale sia composta, può avere il compito di rinforzare una ricostruzione dei piani muscolari aperti o essere utilizzata per sostituire una zona di perdita di sostanza della parete che il Chirurgo non riesce a ricostruire. In ogni caso il suo impiego offre la forma più stabile di riparazione della parete addominale e rappresenta il trattamento di scelta. Esistono tuttavia particolari condizioni legate a motivi tecnici, stati infettivi, età del paziente, nelle quali, a giudizio del Chirurgo, può essere necessario non utilizzare la protesi.
L’intervento può essere eseguito per via tradizionale, praticando un’incisione sulla parete addominale anteriore in corrispondenza della cicatrice del precedente intervento, oppure con la tecnica laparoscopica, introducendo una telecamera e gli strumenti chirurgici attraverso piccole incisioni. La scelta dell’una o dell’altra tecnica dipende dalle condizioni cliniche del Paziente e deve pertanto essere discussa con il Chirurgo.
L’anestesia deve essere discussa e concordata fra Paziente, Anestesista e Chirurgo. Alcuni tipi di laparoceli di piccolo diametro (così come piccole ernie ombelicali ed epigastriche) possono essere infatti trattati in anestesia locale, con una breve degenza e il rapido recupero funzionale. Tuttavia questa tecnica, necessitando collaborazione da parte del Paziente, può non essere utilizzabile per tutti, soprattutto quelli più emotivi.
I laparoceli di grosse dimensioni che richiedono un intervento più complesso e tutti i casi in cui l’anestesia locale non è praticabile vengono approcciati abitualmente in anestesia generale.
Talvolta, per motivi di sicurezza (laparoceli voluminosi, recidivi, sanguinamenti modesti), è necessario utilizzare un drenaggio (= tubo di silicone che ha lo scopo di consentire la fuoriuscita di sangue o altri liquidi dalla sede di intervento) rimosso nel periodo postoperatorio.
Analogo discorso può essere fatto per il catetere vescicale e il sondino nasogastrico quando impiegati. Dopo l’intervento il Paziente viene invitato e incoraggiato a una mobilizzazione precoce (cioè a muoversi in tempi rapidi) che ha come finalità la riduzione di complicazioni gravi come la malattia tromboembolica e le situazioni infettive (polmonite) e come effetto finale un più rapido recupero delle condizioni generali.
A seconda dei casi possono essere prescritti l’impiego della fascia elastica contenitiva postoperatoria e/o restrizioni nell’attività fisica.