Tumorectomia renale
Con il termine di tumorectomia renale si intende la rimozione completa, per enucleo-resezione, di una neoplasia solida del parenchima (= tessuto) renale.
La chirurgia conservativa come terapia per il tumore renale rimane oggetto di controversie, nonostante i buoni risultati in termini di controllo locale e di intervallo libero di malattia.
L’intervento di nefrectomia radicale consiste nell’asportare il rene e il surrene contestualmente al grasso perirenale e alla guaina esterna a quest’ultimo, detta fascia di Gerota; in altri termini rene, surrene, strutture che li avvolgono vengono asportati in un unico blocco. Quest’intervento viene eseguito usualmente in caso di tumore renale maligno che abbia un diametro superiore a 3 cm.
Al di sotto di queste dimensioni, si esegue un’asportazione della massa tumorale risparmiando il rene.
L’intervento di tumorectomia renale è d’obbligo per un Paziente con tumore in un rene unico funzionante oppure con tumore bilaterale, in cui uno dei due reni debba essere necessariamente rimosso. È inoltre indicato in Pazienti portatori di entrambi i reni ben funzionanti con una neoplasia renale di diametro inferiore ai 3 cm, in Pazienti con neoplasie renali multifocali bilaterali a basso stadio che si sviluppano contemporaneamente o in tempi successivi e in Pazienti con neoplasia renale in presenza di insufficienza renale cronica, in quanto la conservazione di una quantità sufficiente di parenchima renale può evitare il ricorso alla dialisi.
L’intervento ha lo scopo di rimuovere chirurgicamente tutto il tumore, mantenendo la funzionalità del tessuto renale residuo. In tempi non lontani il Paziente affetto da neoplasia renale in rene unico era destinato alla dialisi dopo la scontata nefrectomia (=asportazione chirurgica) radicale. Oggi ciò può non accadere grazie alla terapia chirurgica conservativa quale è la tumorectomia. Il Paziente con insufficienza renale cronica, affetto da neoplasia renale di piccole dimensioni, può trarre notevoli vantaggi da questo trattamento per la possibilità di conservare quanto più parenchima renale è possibile e quindi per non aggravare ulteriormente una situazione renale già precaria.
Anche nel soggetto con entrambi i reni funzionanti la possibilità di conservare una maggior quantità di parenchima renale è senz’altro un vantaggio.
Il principale svantaggio è costituito dal rischio di persistenza del tumore e dalla possibile comparsa di una recidiva locale perché alcune di queste situazioni possono essere l’espressione di focolai neoplastici multipli non rilevati al momento dell’intervento. Questo problema ha un’incidenza dal 4 al 10% dei casi.
La tumorectomia renale viene eseguita con un ricovero ordinario (i tempi di degenza sono compresi tra 5 e 7 giorni) è può durare dai 90 ai 150 minuti. Nella maggior parte dei casi, la perdita di sangue durante l’operazione è tale da non richiedere emotrasfusioni; è prudente prenotare 2-3 unità (sacche) di emazie concentrate (globuli rossi) o, nei casi in cui la lista d’attesa dia tempo sufficiente per farlo – e se le condizioni generali lo permettono – è consigliabile che il Paziente si sottoponga al prelievo di 1-2 unità di sangue da utilizzare in caso di (autotrasfusione).
Dal giorno dell’intervento si deve eseguire una profilassi antibiotica, associando eparine a basso peso molecolare.
L’incisione standard, eseguita sul fianco, a livello dell’XI o XII costa (quelle poste più in basso), permette un’agevole esposizione per le lesioni superficiali o polari di piccole dimensioni, specie in reni mai operati; in alternativa si potrà ricorrere a un’incisione al di sopra dell’XI costa, con eventuale sacrificio della stessa, specie per i tumori del polo superiore del lato sinistro. Dopo aver mobilizzato (cioè esposto) il rene, si identifica il peduncolo vascolare, lo si libera accuratamente per poter posizionare un laccio vascolare attorno all’arteria e alla vena oppure una clamp (=pinza) vascolare, se si rendesse necessaria un’occlusione arteriosa per evitare emorragie gravi. Si procede quindi all’enucleo-resezione della neoplasia che consiste nella contestuale asportazione del tumore e dei 5-10 mm di parenchima renale apparentemente sano che lo circonda. Il sanguinamento viene controllato con sutura selettiva delle “bocche” arteriose e venose e successivo “piombaggio” della cavità residua con spugne emostatiche e/o grasso perirenale e punti fatti passare fino ai bordi parenchimali.
Al termine dell’intervento viene lasciato a dimora il catetere vescicale (posizionato all’inizio dell’intervento) e posizionato un drenaggio (= tubo di silicone che ha lo scopo di consentire la fuoriuscita di sangue o altri liquidi dalla sede di intervento) addominale.
Se il decorso post-operatorio è regolare, dopo 24-48 ore il Paziente potrà iniziare l’alimentazione e la mobilizzazione; la ferita viene medicata dopo 3-4 giorni e dopo 5 giorni vengono rimossi i primi punti di sutura, per poi completarne la rimozione entro 8 giorni dall’intervento.
In assenza di complicanze il catetere vescicale è rimosso dopo 2-4 giorni e, successivamente, viene tolto il drenaggio. La degenza media è di 6-8 giorni.
Alla dimissione è suggerito un periodo di convalescenza (ridotto stress fisico, scarsa attività sportiva, regime alimentare moderato, terapia antibiotica urinaria) e l’astensione dalle normali attività lavorative per periodo variabile tra i 20 e 30 giorni.
Questa procedura non necessita solamente di un controllo postoperatorio, ma comporta per la malattia neoplastica di base un follow-up (cioè un controllo) standardizzato per almeno i 5 anni successivi all’intervento.
L’enucleazione (= asportazione chirurgica di una formazione patologica delimitata rispetto ai tessuti circostanti) semplice della neoplasia – che richiede un’incisione circolare della capsula propria del rene attorno al tumore e quindi l’individuazione del piano di clivaggio (cioè la visibile divisione) tra la pseudocapsula fibrosa e il parenchima renale e che permette l’enucleazione del tumore e la successiva legatura delle “bocche” dei vasi sanguinanti in superficie – è stata via via abbandonata in favore della enucleoresezione.