Gennaio è il mese dedicato alla prevenzione del tumore della cervice uterina, un’occasione importante per ricordare a tutte le donne l’importanza della prevenzione. Per molto tempo, questo tumore è stato il più frequente per le donne a livello globale, ma grazie al vaccino contro il papilloma virus (HPV) e alle campagne di screening, la situazione è notevolmente migliorata, soprattutto nei paesi occidentali. Tuttavia, con 2500 nuovi casi all’anno, rappresenta ancora l’1,3% di tutti i tumori femminili diagnosticati in Italia.

La causa principale del tumore del collo dell’utero è l’infezione persistente da Papillomavirus umano, un virus trasmesso sessualmente. Fortunatamente, la maggior parte delle infezioni regredisce spontaneamente, ma è fondamentale monitorare la situazione attraverso controlli periodici. L’età di massima incidenza della neoplasia del collo dell’utero è la fascia di età tra i 45 e i 55 anni. Molto spesso questo tumore non ha una sintomatologia tipica, ma nella maggior parte dei casi viene a configurarsi con la contemporaneità di diversi aspetti, molto comuni e spesso sottovalutati, come sanguinamenti anomali, secrezioni vaginali persistenti, dolore pelvico durante i rapporti e sanguinamento post-coitale.

Per approfondire l’argomento, abbiamo intervistato Guglielmo Azioni, specialista presso la Clinica Universitaria di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e libero professionista in Montallegro.

– Dottor Azioni, oltre all’HPV, ci sono altri fattori di rischio per questo tumore?
«No, praticamente tutti i casi sono legati all’infezione da HPV».

– Il vaccino contro il papilloma virus è valido a tutte le età?
«L’età ideale per la vaccinazione, consigliata a tutte le donne, è intorno ai 12 anni. L’efficacia, seppur ridotta, rimane fino ai 25 anni e talvolta viene consigliata anche in età adulta, soprattutto in caso di infezioni persistenti».

– Quali sintomi non vanno ignorati?
«Tutti i sanguinamenti anomali, in particolare quelli dopo i rapporti sessuali. Anche dolore, senso di peso e fastidi vaginali meritano un approfondimento. La prevenzione e l’attenzione ai segnali del proprio corpo sono fondamentali».

– Oltre il vaccino, quali altre azioni di prevenzione possono essere messe in atto?
«La prevenzione primaria resta il vaccino, ma è altrettanto importante sottoporsi ai test di screening, come il pap test e l’HPV test, che hanno ulteriormente abbassato l’incidenza del tumore».

– Pap test o test HPV: qual è la differenza e a chi consiglia l’uno o l’altro?
«Il pap test è un esame citologico che ricerca alterazioni cellulari precancerose, mentre il test HPV rileva la presenza del virus. Un HPV test positivo non è necessariamente un segnale d’allarme, ma indica la necessità di controlli più frequenti con il pap test. Un pap test positivo suggerisce invece la presenza di una lesione e richiede un approfondimento con la colposcopia. In generale, se una donna fa il pap test una volta ogni anno, o al massimo 2 anni, può anche non fare l’HPV test».

– A volte il timore di risultati negativi induce a evitare gli screening di prevenzione. Cosa si può dire a riguardo?
«Un HPV test positivo è un evento frequente – soprattutto nelle giovani donne – e non deve essere motivo di allarme, ma un’indicazione per monitorare la situazione con il pap test. Sapere di essere positive all’HPV significa semplicemente dover eseguire controlli più frequenti».

– Quando procedere con la colposcopia?
«Solo in presenza di un pap test positivo e su indicazione dello specialista».

– Ci sono nuove frontiere mediche nella lotta al tumore del collo dell’utero?
«Le terapie mediche stanno acquisendo sempre più spazio, riducendo il ricorso alla chirurgia, che in passato poteva avere conseguenze significative sotto il profilo funzionale e sulla qualità di vita delle pazienti».