Giovanni Pratesi, Direttore della U.O. Clinica Chirurgia vascolare ed endovascolare dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e Direttore della scuola di specializzazione in Chirurgia vascolare dell’Università di Genova – nonché libero Professionista in Montallegro – racconta gli aspetti più significativi della sua professione, il suo vissuto privato e le motivazioni che l’hanno spinto a scegliere la carriera medica.

C’è un evento o una persona che l’ha ispirata nella scelta di diventare medico?
«Sono cresciuto in questo ambiente perché mio padre faceva lo stesso lavoro. Da piccolo ho avuto l’opportunità di vedere da vicino questa attività, accompagnandolo in ospedale e in clinica, e ne sono rimasto affascinato. Questo mi ha permesso di appassionarmi».

– Come ha scelto invece la specializzazione di chirurgia vascolare?
«Questa branca mi ha sempre affascinato. È molto innovativa e io mi sono avvicinato a questa specialità in un momento di grande cambiamento, con l’avvento delle tecniche mini-invasive altamente tecnologiche. Essendo appassionato di tecnologia, questo mi ha fatto ben sperare per gli sviluppi futuri: e così è stato».

– Quali sono stati i progressi più significativi che hanno interessato la sua specialità?
«Negli ultimi 30 anni, la chirurgia vascolare ha subito una grande trasformazione, una vera e propria rivoluzione verso la mini-invasività. Questo ha permesso di eseguire interventi complessi senza dover ricorrere alla chirurgia aperta, che pur rimane un grande valore di questa disciplina. L’endovascolare ha permesso di curare pazienti che in passato venivano scartati dall’intervento stesso, come pazienti in età avanzata, a maggior rischio clinico».

– C’è un episodio della sua carriera particolarmente significativo?
«Ricordo con emozione la mia prima volta a Cleveland, per osservare il professor Greenberg, pioniere delle tecniche avanzate aortiche, effettuare interventi complessi con grande naturalezza. Da lì è nata la possibilità di collaborare con lui e il suo gruppo. Ricordo con emozione il primo intervento che ho visto con questa tecnica mini-invasiva».

– Quale consiglio darebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua stessa strada?
«Ci vuole molta tenacia, spirito di sacrificio e passione. La passione deve essere associata alla curiosità. Per fare il chirurgo devi essere curioso, devi andare in fondo, perché la superficialità non fa parte del nostro mestiere. Anche se questo ha un costo in termini di sacrifici e di minor tempo libero».

– C’è qualcosa che vorrebbe cambiare nell’attuale sistema sanitario?
«Vorrei che il ruolo del medico fosse più valorizzato. Il medico dovrebbe fare solo o prevalentemente il medico, ed essere supportato dal sistema, per poter effettuare il proprio lavoro con serenità, senza doversi far carico di problematiche – soprattutto burocratiche – che esulano dalla propria competenza. Questo all’estero non succede».

– È il momento di sbottonarsi il camice. Quali sono le sue passioni extra-lavorative?
«Non ho molto tempo da dedicare agli hobby, ma sono fondamentali per staccare. Il mio hobby principale è lo sci, uno sport che amo molto. Ho la fortuna di poter trascorrere dei periodi di vacanza sia in estate sia in inverno sulle Dolomiti. L’altro hobby è viaggiare, per lavoro e per piacere. Amo stare in volo, in aereo, mi rilassa e mi permette di staccare. E poi il tennis, che qualche weekend ogni tanto riesco a praticare».

– Come si riesce a mantenere un equilibrio tra vita professionale e vita privata?
«L’equilibrio è un punto estremamente importante. Bisogna ritagliarsi del tempo per riflettere, per trovare il giusto compromesso che permetta di bilanciare lavoro, famiglia, affetti. L’equilibrio è la parola chiave per poter gestire con successo il lavoro, che certamente rappresenta una gran parte della nostra giornata, ma non è l’unica cosa della nostra vita».

– Qual è il suo legame con Montallegro?
«Sono arrivato a Montallegro da circa due anni e sono stato accolto in maniera eccellente, non solo dalla dirigenza, ma anche da molti colleghi, alcuni dei quali sono amici anche al di fuori dell’ospedale. Pur essendo una clinica privata, Montallegro promuove una mentalità di interazione e multidisciplinarità che ci permette di collaborare su argomenti affini alla nostra specialità. In particolare, mi confronto con i colleghi cardiologi, anestesisti e pneumologi per affrontare e gestire i pazienti che vengono visitati, operati e seguiti dopo l’intervento in maniera multidisciplinare.

Questo approccio consente di lavorare con sicurezza, avendo a disposizione tutte le competenze necessarie, come se fossimo all’interno di un grande ospedale. Montallegro offre servizi di alta qualità, come la terapia intensiva, sale operatorie di ultima generazione, un angiografo per interventi mini-invasivi e strumenti diagnostici all’avanguardia, dall’ecocolordoppler alla TAC e alla risonanza magnetica. Si tratta, quindi, di un approccio a 360° al paziente, prima, durante e dopo l’intervento; ed è un piacere poter lavorare in una struttura così efficiente e completa».