Specialisti in Otorinolaringoiatria
Antonio Fibbi e Franco Ameli: l’intervista doppia
Due generazioni di medici a confronto sui temi più significativi della propria professione
Con questa intervista doppia a Antonio Fibbi e Franco Ameli, medici otorinolaringoiatri, inaugura la rubrica Generazioni in sala, nella quale due medici con la stessa specializzazione si confrontano sui temi più significativi della propria professione, ma anche sul proprio vissuto privato e sul percorso e le motivazioni che li hanno indotti a prestare il giuramento di Ippocrate.
– Quale professione voleva fare da bambino?
Antonio Fibbi «All’età di 13 anni ho iniziato a costruire modellini di aerei con motore a scoppio guidati con il filo e mi sono appassionato a gare per strappare dall’aereo avversario il drappo rosso agganciato all’ estremità dell’ala esterna. Avrei voluto fare il pilota di aerei militari. Andando avanti con gli studi mi sono reso conto che per pilotare un aereo bisognava seguire studi di ingegneria e di non essere appassionato a questo tipo di studio. A 18 anni ho scelto di iscrivermi a Medicina, probabilmente influenzato dalla tradizione familiare paterna: nonno e padre medici».
Franco Ameli «Sfogliando i quaderni delle scuole elementari, ho trovato scritto che avrei voluto fare il medico o il pilota di rally! Con grande fortuna e piacere mi ritrovo oggi a indossare con orgoglio un camice, con la passione delle macchine e della guida in tutte le sue sfumature».
– Quando si è iscritto a Medicina aveva già un progetto professionale?
Antonio Fibbi «Sinceramente no; gli studi dei primi 4 anni sono stati molto impegnativi e ho iniziato a capire cosa potesse essere la professione medica quando ho iniziato a frequentare al quarto anno l’Istituto di Patologia medica dell’Università di Roma, diretto dal prof. Michele Bufano, e dopo aver avuto la fortuna di essere stato affidato al gruppo guidato dal prof. Franco Mandelli. Dal novembre del 1968 al giugno del 1970 tutte le mattine, per 6 giorni alla settimana, dalle 6 alle 8, ho seguito i seminari tenuti dal prof. Mandelli per i suoi allievi interni. Mi sono appassionato alla Patologia medica e soprattutto alla Metodologia Semeiotica clinica e ai percorsi necessari per giungere alla diagnosi».
Franco Ameli «Il pensiero è sempre stato quello di trovare il connubio tra la medicina e la tecnologia, tra la teoria del processo di cura e la sua applicazione pratica; insomma volevo usare anche le mani, desideravo una specializzazione chirurgica».
– Come ha scelto la sua specializzazione e perché? C’è stato un suo maestro, oppure un episodio, che ha influito su questa scelta?
Antonio Fibbi «La scelta della specializzazione è stata condizionata dal limitato numero di posti disponibili per la specializzazione in Clinica medica ed Ematologia; dalla disponibilità di posti in Otorinolaringoiatria; dalla Riforma sanitaria degli anni ’70 che consentiva, per alcune specialità, di lavorare in ospedale, anche se non ancora in possesso del diploma di specializzazione; dall’incontro con il prof. Giuseppe Borasi che mi ha accolto e guidato mentre frequentavo ancora la Scuola di specializzazione in Otorinolaringoiatria dell’Università di Genova e ha contribuito in maniera determinante alla mia formazione umana e professionale. Mi sono trasferito da Roma a Genova nel febbraio del 1971».
Franco Ameli «L’argomento della tesi e di conseguenza l’entrata in specialità, frequentavo il reparto di chirurgia generale del prof. Mattioli dove venivano eseguiti molti interventi sul collo per patologie della tiroide o dell’esofago. Ero attratto da tutte le figure professionali che lavoravano in quel reparto e sono state proprio loro a consigliarmi la specialità di Otorinolaringoiatria, dove avrei potuto continuare la chirurgia sul collo con maggiori possibilità di sbocco professionale rispetto a quella di chirurgia generale».
PASSIONI FUORI CORSIA
– Pratica o ha praticato qualche sport? Quale?
Antonio Fibbi «Mi è sempre piaciuto immensamente sciare d’inverno e camminare in montagna d’estate. Con il passare del tempo ho scelto di smettere di sciare, soprattutto per ridurre il rischio di dover interrompere il mio lavoro per fratture e lesioni osteoarticolari. Avendo l’immensa fortuna di vivere in una città sul mare mi sono avvicinato al nuoto che pratico con continuità (periodo della pandemia a parte). Il nuoto mi ha consentito di mantenere il fisico allenato e in grado di sopportare le sedute operatorie fino ed oltre le 10 ore che, fino a quando ho diretto l’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria di Savona, potevano essere programmate ogni mercoledì».
Franco Ameli «Tennis, da quando ero bambino. Faccio parte di una squadra agonistica».
– Ha un hobby o appartiene alla categoria di professionisti che come hobby hanno il lavoro?
Antonio Fibbi «Sono sicuramente iscritto al secondo gruppo e confesso di avere un po’ di paura per il tempo futuro, quando dovrò inevitabilmente smettere di lavorare del tutto».
Franco Ameli «Mi definisco un medico malato di fotografia. È la mia passione, il mio hobby, il mio interesse, soprattutto quella di paesaggio. La ricerca dei luoghi adatti, dell’ora e della situazione di luce giusta, e infine lo scatto mi fanno stare bene. Immerso nel silenzio della natura. È una ricerca di benessere. Un momento contemplativo».
– A che cosa ha rinunciato per la professione o per un intervento urgente (un viaggio, un incontro, una festa, una vacanza?)
Antonio Fibbi «Qualche rinuncia e qualche condizionamento c’è sicuramente stato, ma non ho alcun rimpianto per le mie scelte, anche perché ha avuto la fortuna di essere stato supportato da chi ha condiviso con me la vita familiare e professionale. Il mio più vivo e sincero ringraziamento a tutti i miei collaboratori senza i quali nulla di quanto sono riuscito a realizzare sarebbe stato possibile».
Franco Ameli «Dopo la laurea, per anni ho rinunciato alle vacanze estive nell’attesa della chiamata per un ruolo di assistente in ospedale; una volta raggiunto questo primo obiettivo, ho rinunciato a moltissime festività, serate e fine settimana per guardie, reperibilità e chiamate urgenti, come tutti. È una rinuncia insita nel lavoro stesso».
• Antonio Fibbi e Franco Ameli: l’intervista doppia (seconda parte)