Chirurgia dell'apparato digerente
Calcoli alla colecisti (colelitiasi). Parola allo specialista
Il dottor Emanuele Romairone risponde ai dubbi e alle domande più comuni dei pazienti
Nell’ambulatorio di chirurgia dell’apparato digerente di Montallegro, al primo piano di Villa Chiara, il dottor Emanuele Romairone incontra un paziente e risponde alle sue domande e ai suoi dubbi.
– Dottor Romairone, ho 42 anni e in seguito a un’ecografia all’addome prescritta dal mio medico perché non digerivo bene, ho scoperto di avere i calcoli alla colecisti. Mi aiuta a capire cos’è e a cosa serve la colecisti?
«La colecisti, o cistifellea, è un organo la cui forma ricorda quella di una pera che in condizioni normali ha una parete sottilissima quasi trasparente, ed è situata sulla faccia inferiore del fegato. In essa si accumula parte della bile che viene prodotta quotidianamente dal fegato e serve per la digestione dei grassi. Dopo ogni pasto, anche in relazione al tipo di cibo ingerito, parte della bile contenuta nella colecisti attraverso un tubicino viene riversata nell’intestino dove si rivela essere una componente essenziale per il processo digestivo».
– Perché si formano i calcoli?
«Il meccanismo non è ancora completamente chiarito, di solito la bile prodotta dal fegato presenta un equilibrio tra i suoi componenti, colesterolo e sali biliari. Quando questo equilibrio viene alterato, una delle componenti precipita favorendo l’accumulo e la formazione dei calcoli. Le cause sono molteplici. Possono esere congenite o genetiche, dovute all’età, all’alimentazione, al peso, alla presenza di diabete. Inoltre il sesso femminile ne è maggiormente colpito».
– Quali fastidi possono essere causati dai calcoli?
«Poche volte si ha un riscontro del tutto occasionale, in assenza di sintomi, per un esame eseguito per altri motivi. Altre volte si hanno disturbi generici: cattiva digestione, lingua amara, brutto sapore in bocca, sonnolenza, cefalea, senso di peso allo stomaco, dolore al fianco o sotto il costato destro a volte irradiato alla schiena».
– Come si curano? Si possono sciogliere da soli?
«La risposta non è univoca e ogni singolo caso necessita di valutazione specifica. Il trattamento farmacologico a base di acidi biliari, prescritto per sciogliere i calcoli, è una terapia cronica che ha successo solo raramente. Il trattamento risolutivo è chirurgico e consiste nell’asportazione della colecisti, organo malato, per via laparoscopica con i cosiddetti “buchini” procedura che è coronata dal successo quasi nel 100% dei casi, in alternativa o di necessità bisogna ricorrere all’intervento tradizionale “col taglietto” in corrispondenza dell’arcata costale destra».
– Si può vivere senza colecisti?
«Certamente. La rimozione della colecisti non comporta alcun problema, in quanto la bile prodotta dal fegato transita direttamente nell’intestino senza alcun problema per il metabolismo. Raramente si può registrare qualche episodio di diarrea che si risolve spontaneamente nell’arco di poche settimane».
– Quanto devo rimanere ricoverato? Quando posso tornare a fare vita normale?
«Se tutto procede regolarmente e l’intervento viene portato a termine con la procedura laparoscopica, il giorno successivo all’intervento può essere dimesso, mentre la normale attività lavorativa può essere ripresa a partire dalla settimana successiva. Naturalmente il tutto è da correlare a quello che è il normale “habitus” del paziente».
– E se non mi curo, a quali problemi vado incontro?
«Se non si cura, le complicanze possono essere varie: 1) Colecistite che è una infiammazione della parete della colecisti che da sottile e trasparente si inspessisce e diventa dura portando a un’esacerbazione del dolore e alla febbre; 2) Ittero, si diventa gialli perché i calcoli specie se piccoli, contenuti nella colecisti, passano nel tubicino e si bloccano impedendo il passaggio della bile prodotta dal fegato; 3) Pancreatite, infiammazione del pancreas dovuta quasi sempre allo stesso meccanismo del calcolo bloccato nel tubicino e che impedisce lo svuotamento del “succo pancreatico”. Tutte queste complicanze di necessità portano al ricovero in urgenza in pronto soccorso».