Intervista a Riccardo Berti Riboli responsabile del settore oftalmico di Villa Montallegro
Cataratta, i progressi della chirurgia
L'intervento oggi si svolge in regime ambulatoriale impiantando un cristallino artificiale
La cataratta colpisce – secondo dati diffusi dalla Società Oftalmologica Italiana – un settantenne su quattro, e l’incidenza aumenta in modo esponenziale dopo gli 80 anni. Del resto l’età è la causa più comune per questo problema che può essere causato anche da traumi, da problemi genetici o da radiazioni e che può presentarsi in età molto più giovanile nelle persone con una forte miopia o diabetici.
Fino a qualche decennio fa e, purtroppo, tuttora in alcuni Paesi sottosviluppati, essere colpiti dalla cataratta significa essere votati alla cecità. Oggi non è più così: la scienza ha fatto enormi passi avanti consentendo di intervenire e “riparare” i guasti causati agli occhi.
Ne parliamo con Riccardo Berti Riboli (nella foto), oculista, responsabile del settore oftalmico in Villa Montallegro e impegnato sia nell’area clinica (diagnostica e chirurgica) sia nella ricerca (è autore di pubblicazioni scientifiche e protocolli di ricerca clinica).
– Dottore: che cosa è la cataratta?
«La cataratta è una patologia oculistica estremamente diffusa nel mondo e rappresenta oggi la prima causa di cecità, sia pure curabile mediante un intervento chirurgico».
– A che cosa è dovuta?
«L’invecchiamento del cristallino, la principale lente dell’occhio, comporta una progressiva perdita della trasparenza e il paziente ha una visione progressivamente annebbiata con disturbi dell’adattamento ai cambiamenti della luminosità ambientale».
– Quali sono gli effetti della malattia?
«Il suo progredire comporta una diminuzione significativa della vista e un importante disagio nello svolgimento delle attività quotidiane».
Il progresso della chirurgia
– La chirurgia però ha fatto passi da gigante…
«È vero. La chirurgia della cataratta ha radici remote, essendo già praticata nell’antichità, sia pure con metodi estremamente rudimentali, ma negli ultimi quaranta anni le tecniche chirurgiche hanno subito un’importantissima evoluzione, confortata dal crescente supporto tecnologico rappresentato dall’innovazione continua dei materiali e delle apparecchiature oggi utilizzate».
– Quali sono gli effetti di questo progresso?
«L’intervento che un tempo prevedeva una degenza postoperatoria e un recupero funzionale prolungati si effettua oggi con una formula ambulatoriale. Inoltre l’anestesia viene prevalentemente indotta mediante colliri e solo in casi di particolare complessità si ricorre all’infiltrazione peribulbare di farmaci anestetici. E ancora: la ridotta dimensione delle incisioni chirurgiche ha reso superflua l’apposizione di punti di sutura che vengono ormai utilizzati in rare occasioni».
– In che cosa consiste l’intervento?
«Il cristallino viene frammentato mediante una sonda che emette ultrasuoni e negli ultimi anni la tecnica è stata coadiuvata dall’uso del laser a femtosecondi, atto a creare sia le incisioni chirurgiche di accesso sia la divisione del nucleo del cristallino stesso che viene poi rimosso meccanicamente con l’apparecchio a ultrasuoni».
Un cristallino artificiale
– E il cristallino malato viene sostituito?
«Un progresso significativo si è registrato con l’evoluzione del cristallino artificiale (nella foto), lente che viene impiantata dopo la rimozione del cristallino naturale opacizzato al fine di ripristinare una buona funzione visiva».
– Con risultati sorprendenti, almeno per noi profani…
«Grazie alla precisione del calcolo effettuato prima dell’intervento, il chirurgo ha oggi la possibilità di impiantare lenti che correggono preesistenti difetti di vista producendo una soddisfacente anche se non totale indipendenza dall’occhiale. Il cristallino artificiale di ultima generazione infatti è in grado di compensare difetti visivi di grado elevato e il traguardo della correzione della presbiopia è oggi relativamente vicino per quanto anche le lenti più evolute prevedano ancora l’utilizzo di un occhiale per la visione di oggetti o testi di dimensioni ridotte».
– Notizie confortanti. Ma oggi è mutata la tempistica consigliata per l’intervento e per questo è bene sottoporsi a controlli periodici per evitare di intervenire tardi. È vero?
«La possibilità di effettuare una chirurgia di limitato impatto per il paziente è correlata alla precocità dell’intervento e alla conseguente possibilità di trattare un cristallino ancora relativamente morbido per ridurre i tempi operatori e le potenziali complicanze intraoperatorie. Ai fini dell’intervento si deve pertanto ritenere superato il concetto di “cataratta matura”. La durezza del cristallino era infatti utile quando lo si doveva estrarre intero attraverso una ferita chirurgica molto ampia (metodica intra o extracapsulare), non essendo all’epoca disponibile l’attuale tecnica di frammentazione basata sull’utilizzo di ultrasuoni (facoemulsificazione) attraverso un accesso di poco superiore ai 2 millimetri».
– Controlli con lo specialista e non rimandare l’intervento, insomma?
«Oggi si tende erroneamente a considerare l’intervento per la cataratta come una procedura semplice se non addirittura banale, valutando l’elevata percentuale di successi chirurgici e i tempi ridotti dell’intervento. Tutto questo è reso possibile grazie al notevole progresso tecnologico ma anche alla preparazione del chirurgo che si trova a gestire strumenti di elevata potenza e precisione in un campo operatorio nel quale una variazione di pochissimi millimetri o una complicanza che si poteva evitare intervenendo precocemente possono generare una grande differenza nel risultato finale».
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