La parola ictus ha origine dal latino: significa “colpo”.
Si verifica quando l’alterato afflusso di sangue al cervello provoca la morte dei neuroni.
Distinguiamo due tipi principali di ictus: quello ischemico, dovuto alla mancanza del flusso di sangue; quello emorragico, causato da un sanguinamento o emorragia cerebrale.
L’uno può anche seguire l’altro: entrambi determinano che una porzione del cervello è incapace di funzionare adeguatamente.
In Italia ogni anno sono circa 100mila i soggetti colpiti; quelli che sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione.
L’incidenza dell’ictus è di 13 casi per 1.000 abitanti 65-84enni l’anno.
La prevalenza in Italia nella popolazione 65-84enne è pari a 7,4% negli uomini e 5,9% nelle donne.
La spesa annuale per l’assistenza all’ictus cerebrale in Italia è stimata intorno ai 3,5 miliardi di euro.
I sintomi più caratteristici sono la “debolezza” (nei movimenti) o l’insensibilità di una parte (metà) del volto , di uno degli arti (braccio o gamba) o della metà del corpo (anche con comparsa solo di formicolii); e ancora l’incapacità di esprimersi o di comprendere chi si ha di fronte e sta parlando; la perdita di visione (parziale o completa) da un solo occhio ovvero l’offuscamento della visione; insicurezza nella deambulazione ovvero un’inspiegabile sensazione di vertigine (anche con nausea e vomito) o di sbandamento, o anche di caduta a terra; un forte mal di testa.
Ma un italiano su tre non sa cos’è e come si può prevenire e curare.
È dunque necessario non sottovalutare i sintomi che in tempi non sospetti facevano correre al Pronto Soccorso: anche al giorno di oggi, pur a rischio di sovraffollamento, soprattutto se persistono, non bisogna mai sottostimare tutti i sintomi che in condizioni non pandemiche metterebbero in allarme.
E ancor di più, è fondamentale la diagnosi precoce, soprattutto in caso di ictus ischemico, poiché un avvio rapido delle procedure di cura (trombolisi) può ridurre enormemente gli esiti invalidanti.