É una storia che va oltre la mostra stessa “Impression, Morisot”, la mostra in programma fino al prossimo 23 febbraio nell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale che è stata protagonista del “Mercoledì della Cultura” di Villa Montallegro, quasi un racconto di eccellenza elevato a potenza.
Perché, ovviamente, ci sono i quadri e l’esposizione con le sale organizzate tematicamente dal punto di vista sia dei diversi periodi della pittrice francese, sia dei soggetti, sia dell’albero genealogico con le parentele di Berthe, che può in qualche modo leggersi come la convivenza di più mostre insieme che si intrecciano, si rincorrono e poi si riuniscono, come una serie di fiumi carsici che poi sfociano nello stesso mare. Dell’arte e anche della storia.

Dico subito, per esempio, che, dal punto di vista strettamente artistico, la mostra non mi ha entusiasmato, ma dico anche – e vale più di ogni altro giudizio – che nelle prime sale visitate invece i quadri mi sono entrati nel cuore, in particolare quelli che ritraggono bambini e paesaggi marini, quelli che in qualche modo raccontano l’impressionismo esattamente come lo immaginiamo pensando alla Gare d’Orsay, la vecchia stazione parigina trasformata nel museo mondiale dell’impressionismo.
Insomma, in queste sale c’è da commuoversi, soprattutto ci sono emozioni da condividere se avete la fortuna di visitare la compagnia di qualcuno che è a sua volta impressionismo, emozione vivente e brividi straordinari. E c’è un trionfo del colore e del tratto, anche quello puntinato, che è l’arte esattamente come la interpreto io.

Poi, andando avanti per le sale, l’emozione lascia un po’ più spazio allo studio, il cuore alla ragione, le viscere alla testa, il sangue all’analisi e quindi entriamo in una dimensione totalmente diversa, ugualmente apprezzabile, ma meno d’impatto diretto. Del resto, come recitano le note dei curatori, “Impression, Morisot” é la prima grande mostra in Italia sulla figura di Berthe Morisot, la pittrice che nacque nel 1841 e morì nel 1895 e soprattutto fu l’unica pittrice donna il 15 aprile 1874 nello studio del fotografo Felix Nadar, la data e la circostanza che generalmente vengono identificate come quelle che hanno segnato la nascita dell’Impressionismo.
Come se quello studio fosse la casa natale della corrente più importante della pittura negli ultimi secoli, la capanna di Betlemme dei pittori che hanno fatto la storia. E con loro dell’unica pittrice.

Perché – e qui sta l’ulteriore valore aggiunto della mostra del Ducale aperta il lunedì dalle 14 alle 19, martedì, mercoledì e giovedì dalle 9 alle 19, il venerdì dalle 9 alle 20, il sabato dalle 10 alle 20 e la domenica dalle 10 alle 19, con in tutti i casi la chiusura della biglietteria un’ora prima della mostra, perché un’ora è il tempo minimo per apprezzarla – stiamo a raccontare anche una grande storia di emancipazione femminile, qualcosa che vale mille volte di più di tanti libri sulla parità, la narrazione della bellezza della donna e delle donne.

E qui provo a condividere con voi una suggestione che mi rendo conto essere un po’ forzata, ma che mi è venuta in mente, perché le sale dell’esposizione sono le stesse che lo scorso anno hanno ospitato la mostra su Artemisia Gentileschi. E anche lì – al di là delle polemiche sulla “stanza dello stupro”, a mio parere assolutamente eccessive – eravamo lì a raccontare la storia di un’artista che, sfidando tradizioni, convenzioni e maschilismo, si era affrancata ed era diventata esponente di punta dell’arte italiana, presentata insieme ai caravaggeschi per inquadrarla nel periodo storico e artistico in cui è vissuta.
Ecco, anche questa volta il racconto è esattamente questo, quello di una donna che è del mondo e nel mondo, e – scusate il bisticcio di parole – anche del suo mondo.

E così “Impression, Morisot” propone ottantasei opere – non solo dipinti, ma anche acqueforti, acquerelli, pastelli – e poi il mondo di Berthe, raccontato attraverso documenti fotografici e d’archivio, molti dei quali provenienti dai prestiti degli eredi Morisot.

Le opere esposte consentono di ripercorrere la vita dell’artista che ha saputo conciliare vita familiare e carriera artistica e intrattenere rapporti ottimi con i più grandi artisti dell’epoca come Renoir, Monet, Manet e Degas. Ma anche qui non è semplicemente una lista di nomi di grandi artisti, perché le relazioni di Berthe Morisot con questi mostri sacri dell’impressionismo sono assolutamente pariordinate, sullo stesso piano, proficue proprio perché nascono dal confronto.

Ma i confronti non sono solo con altri pittori e altri Impressionisti, ma anche con tutti i maggiori intellettuali dell’epoca, a partire da Mallarmé e Zola.

E non manca la parte “ligure” che, se la vedono all’agenzia In Liguria, la usano per la prossima campagna de “La mia Liguria”. La mostra infatti racconta – e, Ve l’ho anticipato, è una delle parti di assoluto valore dell’esposizione – i soggiorni di Berthe in Riviera ligure nel 1881 e nel 1882 in una prima tornata e poi ancora nel 1888 e nel 1889. Viaggi, miraggi e soggiorni che sono il miglior racconto dell’influenza della luce mediterranea sulla sua opera, tanto da rientrare nelle celebrazioni ufficiali del centocinquantesimo anniversario dell’Impressionismo, inclusa nella stagione commemorativa avviata proprio dal Museo d’Orsay di Parigi di cui vi dicevamo, insieme alla mostra di Nizza “Berthe Morisot. Escales Impressionistes”.

Insomma, se esistesse un paradiso dello studio e dell’esposizione delle opere di questa pittrice, qui saremmo perfettamente in questo Eden. E, non a caso, la curatrice della mostra è Marianne Mathieu, tra le più rinomate esperte dell’opera di Berthe Morisot e studiosa della storia dell’Impressionismo, protagonista di molte scoperte scientifiche in questo ambito.

Ed è come se questo “Mercoledì della cultura” – incastonato in una serie che è andata dalla Bibbia Atlantica al Festival della Scienza, da Lisetta Carmi al prossimo racconto di Ottomani, Barbareschi, Mori ed altre genti nell’arte a Genova – fosse tante storie in una.

Come viaggiare per il mondo, ma senza muoversi da piazza Matteotti o da piazza De Ferrari.

Il passaporto è il biglietto della mostra.