Ricordo ancora il primo giorno, il 3 novembre del 2003.
Certo, ero già stato tante volte a Genova.
Per turismo, per lavoro, perché per me, bergamasco di pianura, Genova ero il primo mare che incontravo, ad esempio per imbarcarmi.
“Dietro una curva, improvvisamente, il mare”.
E funzionava proprio così, come nella canzone di Ivano Fossati, Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori: scendevi dall’autostrada verso la città ed era proprio così..
C’era anche il Ponte, allora..
Oppure venivi qui e ti trovavi sempre quel cielo di un azzurro che avevo conosciuto solo nella scatola delle tempere, quella della “Caran d’ache”, ma che, come dire, non è propriamente il primo colore che vedi nel cielo bergamasco.
“Il cielo di Lombardia, così bello quando è bello”, scriveva Alessandro Manzoni senza però scapicollarsi a individuare il “quando”, nemmeno nelle riscritture successive al “Fermo e Lucia”..
Prima avevo studiato e lavorato a Milano e, per dieci anni, a Roma.
Non erano ancora arrivati Gianni Alemanno, Ignazio Marino e Virginia Raggi, quindi Roma era davvero una splendida città.
Quindi, quel giorno,quel 3 novembre 2003, arrivai a Genova.
E mai avrei pensato di innamorarmene così tanto, di viverla sottopelle, di lasciarmela scivolare addosso, fino alle viscere.
Come quando comanda lei e tu non hai difese.
Ecco, questo di un bergamasco cosmopolita, romanizzato a tal punto da essere conquistato da Zeman e dalla bellezza fine a se stessa, la bellezza per la bellezza, è il punto di vista che voglio raccontare in questa serie, che non a caso, con Francesco Berti Riboli, Mario Bottaro e Giorgio De Sario, abbiamo scelto di intitolare “Genovese per caso“, che poi è la mia storia.
E questi che vi proponiamo sono brandelli d’Italia, strisce di Genova che vogliono raccontare la nostra città con gli occhi di un estraneo, ma non troppo.
Di un innamorato, ma non troppo poco.
E che vogliono raccontare ciò che mi hanno insegnato “I mercoledì della cultura”, poi allegramente allargatisi a tutti gli altri giorni della settimana, voluti da Francesco e che hanno raccontato anche alla community di Villa Montallegro, una grande famiglia con un forte senso identitario e di appartenenza, cos’è la nostra città e cos’è la passione di Montallegro per essa.
E anche come sia aumentata la mia, di passione.
Sempre più genovese.
E sempre meno per caso.
La foto del Bigo e del Porto antico è tratta da Pixabay.com