Per “Genovese per caso”, Lussana ci racconta la mostra “Leggere il tempo. Libri nell’arte”, terminata il 30 giugno. Ci scusiamo per la pubblicazione non tempestiva, dovuta a un errore di redazione
Non contento di essere diventato quasi un format settimanale, con il record di mostre visitate nelle ultime settimane, “I mercoledì (e non solo) della cultura” di Villa Montallegro riesce a superarsi con due mostre in un mercoledì solo, in una specie di ubiquità nello stesso pomeriggio che moltiplica il mercoledì e lo eleva a potenza.
Ad aiutare tutto questo ci sono fondamentalmente due circostanze: la prima è quella che i due Palazzi dei Rolli, patrimoni dell’Umanità Unesco, sedi delle mostre, distano solo poche decine di metri e quindi che basta una passeggiata per vivere due mercoledì in uno. La seconda è che entrambe le mostre fanno parte del progetto “Leggere il tempo. Libri nell’arte” e si possono leggere anche insieme, come fossero una mostra unica.
Partiamo proprio dalla Meridiana, dove c’è la prima parte “Dal Medioevo all’età contemporanea” che è il punto di partenza del progetto di Agnese Marengo e Maurizio Romanengo, che resterà aperta fino al 14 luglio e avrà anche una versione by night in entrambe le sedi, con letture di attori a contrappuntare le visite.
La mostra è un lavoro di artigianato di curatela, con la scelta di quadri di varie epoche che rappresentano personaggi con i libri in mano e biblioteche, con anche miniature e libri storici esposti, fino ad arrivare al futurismo e a Depero. Ed è quasi un riassunto delle sinergie fra istituzioni culturali genovesi, gli ultimi momenti di “Genova Capitale Italiana nel libro”, che coinvolge oltre a questi due Palazzi dei Rolli anche i Musei Nazionali di Genova, che dipendono direttamente dal MIC, il Ministero della Cultura, cioè Palazzo Reale e Palazzo Spinola di Pellicceria, i Musei di Strada Nuova, cioè Palazzo Rosso e Palazzo Bianco, la Wolfsoniana di Palazzo Ducale Fondazione per la cultura, la Biblioteca civica Berio e l’Accademia Ligustica di Belle Arti.
Insomma, un progetto che – tutto insieme – in qualche modo è quasi una splendida guida turistica di tutto il sistema museale di Genova, che scavalca competenze e titolarità, quello che a lungo è stato un sogno per chiunque organizzasse cultura a Genova.
Ma fin qui, con i quadri e i libri esposti nel settore che va dal Medioevo all’Età Contemporanea, siamo nelle classiche mostre storiche ospitate a Palazzo della Meridiana. Ma, se possibile, stavolta, la meraviglia arriva con la seconda parte, quella ospitata a Palazzo Nicolosio Lomellino, aperta fino al 30 giugno il giovedì e il venerdì dalle 15 alle 18 e sabato, domenica e festivi dalle 11 alle 19.
Ecco, varcare la soglia di Nicolosio Lomellino e salire le scale dopo aver visto il ninfeo è un’esperienza unica, soprattutto se si ha la fortuna di farlo in compagnia di Laura Garbarino, che è una sorta di rap vivente, inarrestabile nel riversare la sua passione e nel raccontare le opere esposte con uno stile a metà fra il free style e l’hip hop.
Lo dico subito: è dai tempi degli Amixi e di Villa Croce che non vedevo idee di arte contemporanea così esaltanti. E cito fior da fiore, perché qui ci sarebbe da fare un saggio su ogni opera esposta, ma per questo vi rimando al catalogo che viene distribuito all’ingresso e che è stato realizzato proprio grazie a Villa Montallegro, come se fosse sempre mercoledì.
E così mi piace parlarvi della lucina che illumina il libro firmata da Mario Airò, che è un omaggio all’arte, ma anche al libro e ai ricordi delle nostre letture notturne. E poi, chiunque di noi abbia studiato sui libri di “Storia dell’arte italiana” editi da Sansoni e firmati da Giulio Carlo Argan, il più importante storico italiano contemporaneo, che è stato anche sindaco di Roma, non può non fermarsi di fronte a “Per andare dove dobbiamo andare”, l’opera di Enrico Bafico che presenta proprio quei libri completamente forati, come un tronco all’interno del testo. E il libro destrutturato è un classico che accompagna tutta la mostra, a partire dall’opera che è anche il manifesto dell’esposizione di Palazzo Nicolosio Lomellino: la palma di Elisabetta Benassi che spunta da “Le ceneri di Gramsci” di Pier Paolo Pasolini.
Fidatevi, è qualcosa che conquista anche i non appassionati di arte contemporanea. Il giorno della presentazione della mostra un operatore Rai che solitamente non frequenta questo mondo mi ha incontrato in via Garibaldi e mi ha detto: “Ti prego, Massi, vai a vedere questa mostra, perché è davvero bella, a suo modo anche divertente”. Ed è verissimo, c’è molto di divertente qui dentro: i sei volumi della “Piccola biblioteca essenziale” di Luca Bertolo sembrano quasi una libreria Adelphi, con i colori sfumati, e ti fanno venire voglia di leggerli quei libri, anche se il colore stesso è il testo.
Così come è trionfante il colore di Renata Boero con il suo “Cromolibro, Passaporto per l’Africa”, con le sfumature fortissime su tela e la possibilità di sfogliare queste pagine ed entrare in mondi diversi, molto carichi e che danno davvero l’impressione di finire nel Mal d’Africa, letteralmente.
E, in fondo, è lo stesso effetto che raggiunge l’unica opera video, “Pitfall”, firmata da Marzia Migliora e Eloisa Sighicelli che racconta un bosco da cui pare impossibile uscire. E il fatto che noi “spettatori” in qualche modo affrontiamo il bosco sempre più fitto lasciandoci alle spalle la luce in qualche modo ricorda “Blair Witch Project”, il film dell’orrore che qualche anno fa ci fece credere che, davvero, gli attori erano morti durante la realizzazione. E lì il vero risultato lo ottenne il cassiere della produzione visto che fu un miracolo al botteghino.
E l’altra faccia di tutto questo è “Tutti i giorni”, una sorta di diario quotidiano firmato due anni fa, quando ne aveva 91, da Elisa Montessori, ogni pagina con uno stile diverso, uno strumento diverso, un’arte diversa. Ma sempre con la voglia di sognare e di lasciare il segno. E poi c’è il libro “cucito” col filo e, quelli, splendidi, tagliati a striscioline e tantissimo altro che non smetterei mai di raccontarvi.
Ma mi piace chiudere con due opere: la prima è “When will this end?”, un libro che pagina dopo pagina smembra e fa scomparire il protagonista, che è l’alter ego dell’autore, che è Andrea Mastrovito, straordinario artista bergamasco che ha firmato anche lo splendido Cristo in croce con il viso del Bocia, il capo degli Ultras dell’Atalanta che fu daspato e che oggi ci regala l’occasione per inchinarci anche all’arte della Dea, capace di riscattare Gasp, come un Caravaggio 4.0. L’altra opera straordinaria era l’installazione in rosa che saltava da una sala all’altra. Alla fine ho scoperto che si trattava di Emilia Ferraris.