Il chirurgo della mano si racconta tra attività professionale e passioni

Mario Igor Rossello, chirurgo della mano, racconta per il magazine di Montallegro la sua carriera medica e le passioni che – con identica forza – arricchiscono la sua vita.

– Quale professione voleva fare da bambino?
«Il meccanico di auto o moto da corsa. Ho sempre avuto le mani abili, caratteristica peraltro di molti membri della mia famiglia (non di mio padre!)»

– Come ha scelto la sua specializzazione e perché? C’è stato un episodio che ha influito su questa scelta?
«C’è un episodio familiare, legato al professor Renzo Mantero, che salvò la mano di mio fratello minore, che all’epoca aveva sei anni, dopo un grave incidente. Molti anni dopo, durante l’università, ebbi l’opportunità di avvicinarmi a Mantero, allora primario della Chirurgia generale a Savona e già famoso per la sua professionalità, soprattutto nella chirurgia della mano. Fu un’esperienza così significativa da farmelo scegliere come maestro e mentore».

– Oggi Lei è un punto di riferimento in questa specialità. Come si sente in questo ruolo?
«È una bella responsabilità, ma mi sento anche molto solo, perché in Italia non siamo riusciti, come società scientifica e come presenza universitaria, a divulgare la nostra specialità come meriterebbe».

– Per quale motivo?
«Nel 1996 è stata incredibilmente eliminata dalle specialità universitarie, seguendo regole europee che poi solo l’Italia ha applicato! Mentre noi la eliminavamo, gli altri Paesi europei la mantenevano e la sviluppavano, fondando addirittura nuove scuole. Così, da posizione preminente nel panorama europeo, siamo rimasti indietro rispetto a nazioni come Austria, Ungheria, Polonia, Germania, Danimarca e Svezia».

– C’è qualcosa che vorrebbe cambiare nell’attuale sistema sanitario?
«Negli ultimi 25 anni la gestione è stata tolta ai medici e data in mano a un apparato manageriale che si è rivelato incapace di assolvere alle sue funzioni».

– Qual è il consiglio più importante che darebbe a un giovane medico che si avvicina alla sua specialità?
«Il consiglio è di crederci fino in fondo: è una specialità bellissima che dà enorme soddisfazione perché è una chirurgia ricostruttiva che permette di ridare vita a un arto compromesso. Ma non esistendo un percorso universitario strutturato, bisogna prendere la valigia e andare a imparare il mestiere direttamente sul campo».

– Cosa le piace di più della sua specialità?
«La chirurgia della mano richiede un impegno enorme, ma al tempo stesso offre la possibilità di cimentarsi in qualsiasi tipo di atto chirurgico, dalla chirurgia ossea a quella dei tessuti molli, fino alla microchirurgia. Il chirurgo della mano, infatti, deve saper fare tutto da solo, senza dover ricorrere ad altri specialisti: cuce nervi, arterie, vene, ricostruisce la pelle… Insomma, un chirurgo polivalente con una vastità di esperienza unica e una gamma di competenze immense. Per certi versi, la chirurgia della mano è stata la precorritrice di quella che oggi si chiama chirurgia ortoplastica, un neologismo che intende questa chirurgia ricostruttiva che richiede allo specialista di essere polivalente».

Oltre la professione, si nasconde un magma di altre passioni. Leviamoci il camice, per raccontarle. A partire dallo sport, con l’enduro.
«Una passione antica, nata quando ero ragazzo e che mi ha accompagna tuttora, quando ancora mi diverto sulle due ruote con gli amici, con la stessa voglia e spirito d’allora».

– Anche a livello professionale, la sua carriera ha vissuto un forte rapporto con i motori. Un nome su tutti: Robert Kubica, il pilota di F1 che ha operato alla mano dopo un grave incidente rallystico.
«Mi lega a lui un rapporto bellissimo, profondo. La vittoria nel campionato mondiale Rally in gruppo 2 è stata la dimostrazione di un recupero straordinario, anche dell’arto che abbiamo reimpiantato. Ma ancora più importante è stato il ritorno in Formula 1, un’impresa storica!
Conservo tanti bei ricordi di quel periodo, come l’invito a Barcellona per le sessioni di prova con l’Alfa Romeo: ci ha fatto conoscere il team e ci ha portato in giro per il circuito. Un momento davvero emozionante è stato vedere un enorme striscione con la mia faccia, esposto dai tifosi polacchi con la scritta “Grazie dottor Rossello“».

– E poi c’è la vela.
«Sono salito su una barca a vela per la prima volta a otto anni e da allora non l’ho più abbandonata. Ho collezionato vittorie in regate internazionali, provando adrenalina ed emozioni uniche sui campi di regata più belli del mondo. Con la mia barca “Obsession“, il terrore di tanti equipaggi, ho vinto tantissime regate, tra cui l’ultima Coppa Carlo Negri. Ho partecipato alla Giraglia decine di volte, una regata che richiede concentrazione massima, dove ogni miglio è come se fosse il primo e l’ultimo. Esattamente come in sala operatoria».

– La passione per il mare si estende anche alla letteratura di genere?
«Certo. Fin da ragazzo sono stato un avido lettore di romanzi marinari. Ricordo ancora la passione con cui divoravo la saga del Capitano Hornblower, ambientata nell’epoca dei grandi velieri e delle epiche avventure per mare. Più di recente, sono rimasto affascinato dalle storie di Moitessier, un personaggio a suo modo mitologico, di cui ho letto ogni singola avventura».

– Alla voce hobby, possiamo segnare altri interessi?
«Oltre a quelli già citati, mi piace dedicarmi alla manutenzione della barca, della moto e degli aereomodelli. Amo i viaggi avventurosi, rigorosamente “fai da te”, e lo studio della mitologia e delle religioni delle antiche civiltà, una passione che ho fin da bambino. Decisamente, la mia vita non si limita al lavoro».

– Cosa pensa la sua famiglia del suo impegno?
«Grande rispetto per il mio lavoro e per i risultati che ho raggiunto, anche se questo ha sottratto molto tempo alla vita familiare. D’altra parte, grazie a questo impegno ho potuto offrire loro una vita e delle opportunità di alto livello».

– Qual è il suo legame con Montallegro?
«Frequento questa struttura da 23 anni e ho assistito a molti cambiamenti positivi. L’impegno di Francesco Berti Riboli è stato eccezionale: abbiamo una sala operatoria fantastica, che ci permette di eseguire qualsiasi intervento, anche il più complesso, senza problemi. Qui ho operato personaggi di spicco, ma posso dire di aver trattato ogni singolo paziente con la stessa tranquillità e sicurezza, offrendo a tutti il meglio».

– Dietro a una vita così piena e avventurosa, si cela un segreto?
«Nessun segreto particolare, solo la curiosità! Bisogna essere sempre curiosi, desiderosi di esplorare, di capire e di non lasciare che la vita scorra in modo banale. Non fa parte della mia natura stare in spiaggia a prendere il sole tutto il giorno: ho bisogno di stimoli continui!».

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Redazione