Massimiliano Lussana racconta il libro di Alessandro Rivali, che si snoda tra Genova, l’OltreGiogo, Barcellona e il Sud America
È stato un “Mercoledì (e non solo) della cultura” in qualche modo disorganico, quello andato in scena al 23esimo (e non solo) piano di Torre San Vincenzo, in quello che è diventato un altro dei luoghi del cuore di Villa Montallegro e di Francesco Berti Riboli.
Disorganico perché, anziché di una mostra o di un percorso del cuore, stavolta si è parlato di un libro e quindi, in qualche modo, abbiamo inaugurato un nuovo filone.
Ma ascoltando le parole di Alessandro Rivali, autore di “Il mio nome nel vento”, si capisce subito che la disorganicità è solo nel mezzo del racconto, il libro, anziché la fotografia, i dipinti, le sculture o gli altri materiali esposti. Ma è un gioco di specchi, un effetto ottico: in realtà questa presentazione è un’ora abbondante di viaggio nella bellezza e nelle passioni di Francesco Berti Riboli, che ha saputo trasmettere anche a noi e alla Comunità degli amici di Villa Montallegro un po’ alla volta.
“Gutta cavat lapidem”.
E così, c’è un po’ di tutto in questo mese che è quasi la sublimazione del concetto di “Mercoledì della cultura” con Franco Maria Ricci e poi il libro e poi “Nostalgia” e poi la sponsorizzazione di Montallegro della BeDesign Week e poi anche le incursioni “civili”, che altro non sono che un altro modo di declinare la cultura.
Un cittadino che non vive la politica, nel senso della Polis, è un cittadino a metà, depotenziato. E il ruolo di Villa Montallegro è invece strettamente immerso nella Polis.
Insomma, questo mese di maggio è quello del trionfo di questo concetto, nonché della candidatura ufficiale di Emilia Ferraris, che cura tecnicamente gli inviti e le adesioni ai vari eventi, per il premio Stakanov.
Dicevamo che nel libro c’è la sublimazione di tutte le passioni di Francesco Berti Riboli, come se avesse trovato un “alter ego” in cui specchiarsi. E quindi ci ha buttato dentro tutta la sua generosità, diventando quasi uno strillone di quest’opera letteraria, come avveniva un tempo per i giornali.
Si perché, con una scrittura assolutamente gradevole, semplice ma levigata e appassionata, Rivali ci mette dentro Genova e l’OltreGiogo, l’immigrazione verso il Sud America, poi forzatamente interrotta per un tifone a Marsiglia, con la scelta di interrompere un viaggio troppo complicato per una donna incinta, ma valida almeno come prospettiva e racconto, Barcellona e la gastronomia, fino alla Resistenza, alla Benedicta e ai luoghi del cuore.
E l’occasione diventa anche una scusa per fare una visita guidata nel magico mondo di FBR, dal video sulle bellezze di Gavi, con la stola del prete che diventa quasi una GIF, uno di quei microfilmati animati che si mandano via Whatsapp, ed è come se introducesse proprio a quel mondo, come quando al luna park si entra nel padiglione delle meraviglie.
Oppure, complice la presenza di Luca Gelati, l’annuncio della prossima caccia al tesoro che tornerà proprio lì, ai luoghi del cuore.
Nel libro di Alessandro Rivali c’è un po’ di tutto: la storia romanzata e la storia vera, con uno studio certosino delle fonti. E non è un caso che a “sfruculiarlo” sul punto sia Marco Ansaldo, che della bontà delle fonti è un cultore assoluto. E così viene fuori addirittura la lettura integrale di manuali clandestini anarchici catalani su come si bruciavano le chiese nel corso della guerra civile spagnola, ma anche giornate intere passate sui monti attorno alla Benedicta a respirare l’immenso dolore e lo strazio di quei momenti.
O, ancora, e qui da goloso ho già l’acquolina in bocca, il racconto della gastronomia aperta fra le ramblas di Barcellona, con i gusti italiani, e i sapori della nonna, letteralmente. Che conquistano gli spagnoli: i cannelloni fumanti la domenica e i ravioli che per Gavi sono una splendida endiadi. Con tanto di insegna “Gastronomia italiana Rivali”.
Sono bellissime anche le descrizioni fisiche e fisiognomiche dei protagonisti, a volte soltanto accennate, a volte che escono prepotentemente dalle pagine del libro e, a tratti, ti aspetteresti di trovare alcuni dei personaggi che sono qui al “Mercoledì della cultura” ad ascoltare, proprio nel capitolo successivo, nella pagina dopo, nell’episodio ulteriore.
Uno su tutti, Francesco Illuzzi, straordinaria persona, amico, professionista, tutto, che ha volti e sorrisi, sguardi sussurrati e risate negli occhi, silenzioso, da splendido protagonista di un film tratto da tutto questo.
Film che sarebbe anche auspicabile, ma che ha due sole difficoltà di fronte a una storia così bella: la prima è la molteplicità di location, che avrebbe costi di produzione notevoli. La seconda è che ha un soggetto (e conseguentemente una sceneggiatura) così bella che un produttore potrebbe obiettare: ma non è troppo bella? Non è “too much”?
E poi, disordinatamente, perché Rivali è un fiume in piena di parole che tutto travolge – e se non lo fermassimo racconterebbe tutto il libro in una serie di spoiler che rischiano di svelare la trama, ma al tempo stesso accrescono la voglia di leggerlo – tantissime storie che provo a buttarvi lì, disordinatamente, come in un rap del libro, delle sue passioni e del mercoledì.
Così la spiaggia di Cornigliano e il mare splendido dove poi è sorta l’acciaieria, con le case accatastate A1 come ben sanno i corniglianesi. E il passaporto del nonno, destinazione Argentina. E i promessi sposi, con la lotta epica di due poveri contro tutti.
E, ancora, la splendida passione di Dino Angelini nel raccontare tutto l’Oltregiogo, anche quello della Valle Stura e dell’estremo confine della provincia di Genova: Campo Ligure, Masone, Tiglieto, Acquasanta, Mele. E chi scherza pensa ai meme sulla pioggia di Masone, ma chi ha avuto la fortuna anche solo di passare di qui racconta storie meravigliose di ponti medievali, di badie benedettine, di produzioni casalinghe e a centimetri zero di gelati e ravioli (e ridaje), di santuari mariani e di acque miracolose, dove andare a rilassarsi, sentendosi in Paradiso, soprattutto se in compagnia con chi accende il cielo.
Ogni storia ne racchiude un’altra, come la lotta dei Partigiani contro un esercito armatissimo portata avanti con le pistole napoleoniche eredità della battaglia di Marengo. E poi le esilaranti avventure di Rivali, come quando veniva guardato con sospetto dagli abitanti dei paesini dell’OltreGiogo quando passava e ripassava davanti agli stessi palazzi e alle stesse strade per sopralluoghi che gli offrissero ulteriori strumenti di scrittura. Insomma, a un certo punto arrivarono anche i carabinieri, ma poi tutto si sistemò.
Ed è un grande risultato, perché leggere questo libro è la più dolce delle pene.