Lotta al cancro: la forza della ricerca
Intervista al prof. Alberto Sobrero in occasione del World Cancer Day (4 febbraio)
Alberto Sobrero definisce quella attuale “la terza rivoluzione” nella lotta contro il cancro. E lo fa in occasione del 4 febbraio, proclamato World Cancer Day, dall’UICC (Union for International Cancer Control – Unione Internazionale contro il cancro). Una giornata importante perché dopo le cardiopatie e gli ictus ischemici, i tumori sono la seconda causa di morte al mondo, anche se negli ultimi decenni si sono fatti passi da gigante nella prevenzione e nella cura.
Sobrero (nella foto), direttore di Oncologia medica del Policlinico di San Martino, si è laureato nel 1978, ha frequentato l’Università di Yale negli Stati Uniti e svolge un’intesa attività scientifica anche a livello internazionale. Ha studio libero professionale in Montallegro.
Prevenzione: il fumo è il nemico numero 1
– Professore, quanto incide la prevenzione?
«La prevenzine è importantissima. Nel senso che ci sono due fronti: la primaria punta a prevenire, e la secondaria consiste in diagnosi molto precoci in modo che un tumore già presente sia asportabile e quindi guaribile. Ovviamente la più importante è la prima».
– Quanto incide l’inquinamento ambientale?
«Per certi inquinanti industriali, come cromo e diossina per esempio, è facilmente riscontrabile come l’esposizione a questi agenti favorisca lo sviluppo del cancro. Ma per quello che possiano definire inquinamento generico, al contrario di quanto si pensa, vivere nelle città non crea rischi molto maggiori rispetto a una vita in campagna».
– E per quanto riguarda la dieta alimentare?
«Vale lo stesso discorso fatto per l’inquinamento ambientale. Certo, la dieta mediterranea è consigliabile, in quanto tanta frutta e verdura in generale contengono sostanze preventive lo sviluppo di tumori. La stessa Fondazione Veronesi sta rivedendo certe posizioni estremiste sulla dieta».
– Che cosa fa certamente male?
«Il fumo. Quello del fumo è un dato certo. E lo stesso vale per l’esposizione al sole per quanto riguarda i tumori cutanei».
– Quanto incide l’attività fisica nella prevenzione?
«Per l’attività sportiva vale un po’ il discorso relativo a inquinamento e dieta. Chi fa attività sportiva, di solito non fuma e segue una dieta più sana. In sostanza non è certo quale sia il contribuente più importante alla prevenzione: dieta, fare o meno sport, essere sovrappeso, inquinamento».
Diagnosi precoce: fare la colonscopia
– Parliamo del secondo grado di prevenzione, vale a dire la diagnosi precoce.
«Sono molto popolari la mammografia e il pap test, soprattutto tra le donne. Il taglio della mortalità del tumore consentito dalla mammografia è intorno al 5%, e per quanto riguarda i tumori dell’intestino il taglio di mortalità determinato dalla colonscopia è sopra il 30-40%. Dopo i 50 anni la raccomandazione è di sottoporsi a una colonscopia. Teniamo presente che l’analisi del sangue occulto nelle feci non è la stessa cosa: serve come spia per fare poi la colonscopia».
Lotta al cancro: che cosa è cambiato
– Lei si occupa di oncologia dal 1980, da quando frequentava la Yale University: che cosa è cambiato in questi 40 anni nella ricerca e nei suoi risultati in oncologia?
«È cambiata la conoscenza del processo di trasformazione neoplastico. Nel 1953 venne identificata la struttura del Dna e si comprese che il cancro è un problema delle cellule, nel Dna appunto. Nell’estate 1982 si è poi capito che a fronte di mutazioni nel Dna si generano fattori di crescita che vanno a stimolare le cellule. Per sintetizzare, è stato chiaro il rapporto tra Dna, proiteine e funzione dei fattori di crescita. Nel 1998, la scoperta del meccanismo delle terapie biologiche ha portato all’introduzione del trastuzumab che, utilizzato per mammella e stomaco, svolge una funzione ben diversa dalla chemio».
– Oggi stiamo vivendo quella che lei definisce terza rivoluzione nella lotta contro il cancro…
«La terza rivoluzione è in atto dal primo giugno 2016, quando i risultati dell’immunoterapia si sono resi disponibili sui tumori solidi più frequenti come polmone, vescica e rene. Come per la sequenza Dna-proteina-fattori di crescita, si è scoperto che il sistema imnunitario funziona con fattori di stimolo, e il tumore può crescere sviluppando fattori che sbloccano la nostra immunità».
– Che cosa ha consentito questi successi?
«Alla base c’è sempre il lavoro dei camici bianchi in laboratorio che prima delle sviluppo dei farmaci ne comprendono il meccanismo d’azione».
L’accelerazione della ricerca
– In pratica, oggi è possibile intervenire con successo in molti casi di tumore…
«Sì. Nel 1998 si è fatto un enorme passo avanti per quanto riguarda il tumore alla mammella. Tra il 2004 e il 2005 analoghi progressi sono stati fatti nel management del tumore al colon. Nel 2016 è scoppiata la rivoluzione per il tumore al polmone con l’immunoterapia e l’affinamento delle terapie biologiche. Oggi, quando vediamo un paziente, ci orientiamo sul suo stadio, che è più o meno guaribile sulla base dell’esame istologico e la TAC. Ma è intervenuto un secondo livello molecolare attraverso test disponibili e oggi eseguiti di routine: su questa nuova base posso verificare che per il 30% dei casi non va bene l’immunoterapia, che per un 30% va bene l’immunoterapia e per un 25% di quei casi che richiedevano la chemio, sono disponibili terapie biologiche. Casi che ancora quattro anni fa facevano prevedere una sopravvivenza di 8-10 mesi, oggi possono essere addirittura curabili. Si può dire che finora queste nuove strategie hanno dato risultati molto buoni per polmone, vescica, rene, utero, mentre le cure per mammella e colon non hanno avuto ancora lo stesso grado di avanzamento».
– Si parla di previsioni drammatiche, secondo l’UICC nel 2030 nel mondo ci saranno 26 milioni di nuovi casi contro i 18 milioni attuali…
«Come sempre chi vuole fare previsioni viene poi smentito. Certamente ci sarà un cambio nell’incidenza dei vari tumori: alcuni stanno riducendo mortalità e incidenza, mentre altri, come il tumore al pancreas, sono in fortissimo aumento e non si capisce perché. Sono molto scettico sulle previsioni, un po’ per la capacità della ricerca di reagire alle previsioni , un po’ perché la tecnologia è talmente avanzata che i progressi in medicina sono venti volte superiori a vent’anni fa. La ricerca della sequenza del genoma umano è costata un miliardo di dollari, oggi con 800 dollari si fa la sequenza del tumore di un individuo».
La foto di apertura è di Gerd Altmann da Pixabay