Specialisti in Gastroenterologia
Massa e Furnari: “Dallo studio del macrobiota alla diagnostica, ecco come sta cambiando la nostra specialità”
Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando l'endoscopia, permettendo diagnosi e cure migliori
Seconda parte dell’intervista (qui la prima parte) a Paolo Massa e Manuele Furnari, specialisti in Gastroenterologia, ai quali abbiamo chiesto come sta evolvendo la loro specialità e alcuni aspetti più privati della loro vita.
– Come è cambiata la sua professione da quando lei la studiava all’Università?
Paolo Massa «Moltissimo. Per fare solo qualche esempio, sul piano clinico, l’evoluzione della ricerca ha reso comprensibili e meglio affrontabili le patologie oncologiche, sviluppando seri e fondamentali programmi di prevenzione. Oggi conosciamo l’importanza del microbiota intestinale, gli aspetti neuroendocrini dell’apparato digerente e così via. Questo significa diagnosi migliori e migliori cure. La tecnologia ha poi consentito il raggiungimento di nuovi traguardi, un tempo neppure immaginabili: per quanto concerne il mio campo di lavoro la possibilità di trasformare l’endoscopia da diagnostica a operativa, con la conseguente capacità di rimuovere polipi, asportare corpi estranei, calcoli delle vie biliari, affrontare e risolvere emorragie digestive. L’intestino tenue, un tempo organo semi sconosciuto e mal esplorabile, oggi viene valutato per via endoscopica con una microcamera che viene deglutita dal paziente. E quante altre cose!»
Manuele Furnari «Posso identificare almeno tre aspetti strutturali, che non riguardano quindi i cambiamenti legati al progredire delle conoscenze mediche. Il primo è una maggior regolamentazione: il medico è tenuto a seguire le evidenze scientifiche e a motivare le proprie scelte, c’è meno spazio all’intuizione e alla sperimentazione non controllata, il che si traduce in maggior standardizzazione delle cure a livello nazionale e internazionale. Per contro c’è anche un maggior imbrigliamento del medico frenato dalle innumerevoli attività burocratiche e medico-legali da espletare. Il secondo riguarda il rapporto medico paziente. I pazienti sono mediamente più informati: ottima cosa; ma si è passati dal medico onnisciente e totipotente, al medico che deve giustificare come mai non suggerisce le terapie che i pazienti leggono sui social o su Google. Il terzo aspetto è una maggior assistenza tecnologica: dalle cartelle elettroniche fino all’integrazione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nella pratica clinica quotidiana».
– Quale è il futuro della sua specializzazione? Quali sono i trend che trasformeranno il suo lavoro e quali elementi resteranno immutati?
Paolo Massa «Ci aspetteranno sicuramente trasformazioni a oggi impensabili visto il fermento continuo della ricerca e della tecnologia. Ma accanto a ciò occorrerà conservare l’ascolto del paziente, lo studio, l’onestà intellettuale, l’umanità. Il nuovo deve essere inserito su un terreno che conservi i cardini morali della nostra bella professione».
Manuele Furnari «È difficile prevedere come evolverà la Gastroenterologia nel lungo termine. Negli ultimi anni si è assistito alla progressiva scoperta del microbiota intestinale e allo sviluppo della robotica e dell’IA. Il microbiota è di fatto un organismo plurimicrobico presente prevalentemente a livello intestinale, in simbiosi con il nostro organismo, fondamentale per la nostra sopravvivenza per molteplici aspetti tra cui la corretta maturazione del sistema immunitario e la regolazione del metabolismo. Immagino un futuro in cui fin dall’infanzia si possa sapere le malattie a cui sarà predisposto l’individuo grazie all’analisi del nostro pool genetico e del microbiota, con la possibilità di modularlo al fine di prevenire o curare le malattie. Per quanto riguarda l’innovazione tecnologica esistono già prototipi robotici per la colonscopia e software di intelligenza artificiale in grado di riconoscere le lesioni del colon. Immagino dunque la presenza di device miniaturizzati in grado di esplorare il tratto digerente in maniera non invasiva, capaci di riconoscere autonomamente le lesioni riscontrate e di formulare la diagnosi».
– Pratica o ha praticato qualche sport? Ha un hobby o appartiene alla categoria di professionisti che come hobby hanno il lavoro?
Paolo Massa «Da giovane ho praticato molti sport, senza mai eccellere in nessuno. Oggi posso dire che amo il mio lavoro e ne sono assorbito moltissimo. Un piccolo spazio lo riservo alla lettura e alla montagna, grande passione che condivido con l’amore della mia vita, mia moglie Giuliana».
Manuele Furnari «Ho praticato diversi sport, senza mai però eccellere in uno di essi: nuoto, calcio, arrampicata. Recentemente ho deciso di imparare a giocare a tennis; più che sport sono hobby. E ammetto di aver considerato per anni il lavoro come un hobby. Una passione che mi permettesse di andare volentieri a lavoro e al tempo stesso di girare e conoscere molte persone interessanti. Tuttavia non è poi un hobby così sano per il fisico come potrebbe essere lo sport o viaggiare».
– A che cosa ha rinunciato per la professione o per un intervento urgente (un viaggio, un incontro, una festa, una vacanza)?
Manuele Furnari «Purtroppo un po’ tutte queste cose. Molti incontri, cene e vacanze sono passati in secondo piano proprio per la passione per questo lavoro. Mi considero però una persona piuttosto attiva e ho sempre cercato di conservare una vita sociale, sebbene questo significasse farlo anche quando il fisico e la testa dicevano “devi riposare”».
– Cosa pensa la sua famiglia del suo impegno?
Paolo Massa «Forse ho rinunciato a vivere completamente la mia famiglia poiché impegnato con il lavoro, ma per mia fortuna i momenti belli della mia vita li ho vissuti tutti. Posso dire di essere felice come medico e come uomo: l’augurio che faccio ai miei colleghi giovani è quello di poter lavorare con passione e dedizione e di avere alle spalle una famiglia partecipe, comprensiva, solidale e amorevole».
Manuele Furnari «Io credo che alla fine ci si circondi delle persone che condividono o hanno condiviso con noi un progetto o un’idea di vita e come tali riconoscono e supportano tale impegno. L’importante è non dare per scontato questo supporto o pensare che non costi nessun sacrificio per chi ci sta attorno. Deve esserci reciprocità».