La domenica, nei Musei di Strada Nuova i genovesi entrano gratis.
Ed è già una buona notizia. Perché sono genovesi, perché è gratis e perché i Musei di Strada Nuova sono Patrimonio dell’Umanità Unesco, quindi praticamente la genovesità elevata al cubo.
Il mercoledì, invece, i genovesi e in particolare gli amici di Villa Montallegro entrano in “un mondo”.
Che è lo stesso dei Musei di Strada Nuova, ma con tutti i sapori del benessere che sprigiona regolarmente dagli eventi di Montallegro.
Il racconto che vi ho fatto della passeggiata fra i forti che insieme alla Lanterna ha chiuso la serie precedente di visite, è da culto per i trekker.
Quello della prima puntata della nuova serie dei “Mercoledì della cultura” è da culto per chi ama Genova e ciò che significa.
Anche perché siamo partiti da Palazzo Tursi, che ha un po’ lo stesso valore delle piazze rinascimentali che mettevano insieme il Palazzo della Ragione e la Cattedrale, il potere temporale e quello ecclesiastico,
Ecco, allo stesso modo, Palazzo Tursi è potere amministrativo – sede del Comune e del consiglio comunale – e potere artistico, Bellezza, Patrimonio dell’Umanità, Eccellenza, Unicità.
Quindi, ad esempio, a un certo punto, durante la nostra visita a Tursi, mentre Piero Boccardo, direttore di tutti i Musei di Strada Nuova, ci illustrava qualsiasi particolare non conoscessimo sugli arazzi esposti nei musei del palazzo del Comune, a far da corredo alle sale paganiniane, dalla stanza del “Cannone” è uscito il sindaco Marco Bucci in piena trance agonistica da illustrazione delle bellezze di Genova, in cui crede più di chiunque altro.
Bucci stava guidando una serie di investitori orientali, ma – con tutto lo charme di cui è capace – si è fermato a salutare anche la nostra comitiva. Poi, quando si è accorto che, fra coloro che stavano mangiando pane e arazzi c’erano Alberto Pandolfo, che è il più cortese e squisito dei suoi oppositori, e Francesco Berti Riboli, che è uno dei più munifici dei suoi sponsor, ha capito che non eravamo investitori orientali, ha salutato gentilissimo ed è passato alle sale successive con i suoi ospiti.
Oppure, Barbara Grosso, assessore alla Cultura, che è incappata pure lei nei tre grupponi Montallegro che hanno gradito moltissimo la visita e, anzichè improvvisarsi in paludati discorsi istituzionali, si è fermata ad ascoltare qualche spiegazione sul valore inestimabile delle ceramiche esposte a Tursi.
Le brillavano gli occhi: un po’ perchè, probabilmente, pensava a come avrebbe potuto usare quelle ceramiche per qualche manicaretto della cucina canavese, quella delle sue origini; un po’ perchè Montallegro aveva provveduto a dotare ogni visitatore di ticket di ingresso e, quindi, il contascatti dei visitatori dei Musei era schizzato verso l’alto.
E poi, la deviazione a Palazzo Bianco per ammirare i quadri della stanza dei Mecenati, con tutte e tre le guide capaci si spiegazioni avvolgenti e appassionate, davvero in grado di trasformare quello che potrebbe essere un qualunque museo, per chi non ne sa apprezzare le opere, in un Evento.
Su, su, per l’appunto, fino a Boccardo e alla sua storia degli Arazzi, alcuni dei quali restaurati e tornati allo splendore originario proprio grazie a Montallegro e a Berti Riboli, quasi un continuatore moderno della storia di quei Mecenati (e lo scrivo volentierissimo, sfidando ogni possibile accusa di piaggeria, perchè è uno dei motivi per cui è un grande piacere scriverne in questa sede, perchè ci si sente partecipi di una storia e di un pezzo di storia) .
E sembrava di vivere ai tempi in cui sono stati tessuti, col racconto di quanto ci voleva per un quadratino di stoffa, di come venivano usate come coperte per scaldarsi, di come dovevano essere belli per sostituire la televisione, di come venivano poste le firme dagli artigiani tessitori…
Insomma, uno spettacolo.
Una storia in cui tanti genovesi si imbattono per caso, magari semplicemente perchè sbagliano porta cercando gli uffici di un assessorato o la Sala Rossa del Consiglio comunale.
Genovesi per caso anche loro, come noi.
Che già abbiamo messo in agenda la visita a Palazzo Rosso, seconda tappa di una cavalcata alla ricerca di un passato che spesso non conosciamo.
Ma che è la chiave migliore per migliorare il nostro presente e per farci sognare un grande futuro.
Nelle foto (del Comune di Genova): il cortile di Palazzo Doria-Tursi e l’arazzo “Raccolta delle offerte per la dea Pomona”. manifattura di Bruxelles XVI-XVII sec.